#PESAROFF57 / Il PESAROFF incontra BJORN ANDRESEN
“MORTE A VENEZIA MI HA PERSEGUITATO PER TUTTA LA VITA”
BJÖRN ANDRÉSEN PROTAGONISTA DEL DOC THE MOST BEAUTIFUL BOY IN THE WORLD RACCONTA LA SUA VITA SEGNATA DAL RUOLO DI TADZIO PER VISCONTI
Verrà presentato questa sera in anteprima italiana alla 57° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro l’atteso documentario The Most Beautiful Boy in the World di Kristina Lindström e Kristian Petri, incentrato sulla vita di Björn Andrésen, l’iconico Tadzio di Morte a Venezia , un film che, ha affermato, “mi ha perseguitato per tutta la vita”.
Il motivo che lo ha spinto ad accettare di apparire in questo documentario – che sarà distribuito in Italia da Wanted Cinema - è da rintracciarsi nell’amicizia di lunga data che lo lega al regista Kristian Petri, con il quale ha condiviso molti lavori e, come ha candidamente ammesso, altrettante serate al bar. L’invito è stato dunque accettato molto naturalmente, pensando inizialmente a un breve cortometraggio che sarebbe stato trasmesso al massimo sulla televisione svedese, ma poi il film è “cresciuto oltre tutte le mie aspettative”, fino a diventare un’opera di un’ora e mezza che, dal Sundance, sta girando il circuito festivaliero.
Andrésen ha raccontato che a indirizzare la sua carriera da attore è stata la nonna, la quale sin da bambino lo iscriveva a provini per film, programmi televisivi e pubblicità, tanto da apparire in televisione già a 7 anni e al cinema a 15. Fu proprio dopo quel primo film svedese da lui interpretato che Visconti lo scoprì e lo scelse per il ruolo di Tadzio rendendolo un’icona mondiale. È stato quindi inevitabile parlare della sua esperienza sul set di Morte a Venezia che l’attore ricorda con piacere, come un periodo spensierato segnato dalle scorribande veneziane che faceva con i suoi coetanei fuori dal set. Tra i suoi colleghi, invece, ha ricordato con particolare affetto Silvana Mangano che ha definito una persona estremamente dolce, ma anche molto nervosa in occasione della premiere del film, tanto da averla dovuta quasi sorreggere per le scale che portavano alla platea. Di Luchino Visconti, invece, il ricordo è più contraddittorio, perché il regista non interagiva affatto con lui, se non per delle direttive semplicissime, un qualcosa che Andrésen “perdona” e che imputa alla sua giovane età e inesperienza. Allo stesso tempo, però, ricorda anche l’aura di timore che il regista emanava e che era in grado di ammutolire l’intero Hotel des Bains quando si arrabbiava, tanto che i tre aggettivi da lui scelti per descriverlo sono stati: “spaventoso, feroce e riverito”.
Per il ruolo di Tadzio che lo ha reso famoso, invece, Andrésen non ha mai nutrito nessun rancore, confessando che sia stato tutto ciò che è venuto dopo, a partire dalla presentazione a Cannes e il successivo viaggio in Giappone, a far iniziare un vero e proprio incubo che ha segnato irrimediabilmente la sua vita. Da allora, infatti, l’attore sente che qualsiasi cosa abbia fatto sia stata associata in qualche modo a quel ruolo iconico. Per questo spera che la realizzazione del documentario possa aiutarlo a venire a patti con quanto avvenuto e chiudere finalmente il cerchio, anche se si è detto scettico al riguardo, soprattutto per quanto concerne la percezione che gli altri hanno di lui.
Il ruolo di Tadzio, nonostante gli ha abbia dato la fama mondiale, non lo ha reso infatti felice, dichiarando anzi di aver capito che la felicità nel diventare famoso si può eventualmente raggiungere solo se la si conquista per una propria abilità o per qualcosa che si è fatto personalmente. Per questo motivo consiglia ai giovani di non ambire a fama o successo, ma solo di cercare qualcosa per cui possano provare una soddisfazione personale. Una soddisfazione che Andrésen prova quando può dedicarsi alla musica, sua vera passione. Anch’essa però è stata condizionata dal suo status, ricordando in maniera amara di non riuscire a trovare una band con cui suonare perché tutti lo considerano un attore “e il luogo comune, si sa, prevede che un attore non possa essere anche un bravo musicista.”
Andrésen ha però concluso su una nota più lieta quando ha parlato dell’ultimo ruolo da lui interpretato, quello in Midsommar di Ari Aster, che ha definito “un sogno divenuto realtà” in quanto desiderava apparire in un horror sin da quando, ancora adolescente, gli chiedevano quale film avrebbe voluto interpretare dopo Morte a Venezia. Un sogno realizzatosi a cinquant’anni di distanza.
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