Program
2024

18 June
Tuesday 18-06-2024
time 15:30
Teatro Sperimentale - Sala Pasolini

Il mio film

Stan VanDerBeek

A DAM RIB BED

USA 1964-1965 , 15'

 

LEZIONI DI STORIA 7# PESARO 2024
ESPANDERE LA VISIONE - FILM MULTISCHERMO DEGLI ANNI '60 E '70

Stan VanDerBeek - A Dam Rib Bed (1964-1965)
film in 16mm su doppio schermo, 15’


«Un film farsesconirico a doppio schermo sulla Bestia dei Sogni ben addormentata, riprese con trucchi animati che si inseriscono in un sogno affilato con derive erotiche. Un film-murale, basato sulla domanda di genere sessuale. In questione o sexus plexus… vita da sogno a colori fluo… film diapositive» (Stan VanDerBeek). Le ironiche composizioni di VanDerBeek venivano create in gran parte con lo stesso spirito dei collage surreali e dadaisti di Max Ernst ma anche con un informalismo selvaggio, grezzo, più prossimo all'espressionismo della beat generation. Negli anni Sessanta Van Der Beek ha cominciato a lavorare con personaggi del livello di Claes Oldenburg e Allan Kaprow oltre che con esponenti della danza moderna come Merce Cunningham e Yvonne Rainer. Avendo costruito il suo cinema, il Movie Drome, a Stony Brook (New York) più o meno nello stesso periodo, si è dedicato a progettare spettacoli basati sull'uso dei proiettori multipli. Il Movie Drome era un silos per le granaglie che aveva trasformato nel suo “schermo infinito”.

Stan Van Der Beek (1927-1984) era un prolifico artista multimediale noto per aver aperto un solco nel terreno del cinema sperimentale, dell'arte e della tecnologia. Nella sua filmografia troviamo oltre un centinaio fra film sia 16mm sia 35mm e video sperimentali e innovativi, in bianco e nero e a colori, toccando collage, animazione, computer graphics, riprese dal vero, performance art, found footage e cinegiornali.

Alla presenza del curatore

   

 

ESPANDERE LA VISIONE - FILM MULTISCHERMO DEGLI ANNI '60 E '70

un programma curato da Federico Rossin

 

Per Adriano Aprà

 

I film multischermo sono un'esperienza cinematografica unica, avvolgente sia dal punto di vista spaziale che sensoriale. In quest'esperienza cinematografica immersiva, che rifiuta la sintesi monoschermica e va verso l'opera aperta, la terza dimensione dello spazio reale viene inglobata nella messa in scena scenografica, dissolvendo il confine tra la "sala" architettonica e gli spazi di proiezione virtuale per stabilire uno spazio poetico di realtà mista.
A partire dalla fine degli anni '50, il film multischermo irrompe nei padiglioni delle fiere internazionali di tutto il mondo: Roman Kroitor, Alexander Hammid, Francis Thompson sono solo alcuni dei grandi cineasti che hanno messo alla prova del grande pubblico le loro ricerche e pratiche sperimentali. A ruota sono seguiti i lavori di Nam June Paik, Aldo Tambellini, Juan Downey, che hanno creato eventi spettacolari in cui usavano molteplici media, attirando folle numerose e diverse composte da artisti, appassionati, curiosi e cinéphiles. Mettendo il cinema d'avanguardia in pieno dialogo con gli altri media, questi eventi multischermo hanno permesso che le tradizioni e i pubblici sperimentali si siano intersecati non solo tra loro, ma anche con le tecnologie e gli spettatori mainstream.
In questo scoppiettante periodo di sperimentazione, gli artisti di tutte le discipline hanno prestato attenzione alla materialità dello schermo, agli spazi in cui gli schermi apparivano e alle comunità che si riunivano intorno ad essi. In molti casi, i registi stessi hanno svolto il ruolo di programmatori, distributori e proiezionisti dei loro film sperimentali (Kenneth Anger usò tre proiettori sincronizzati e tre schermi per mostrare il suo Inauguration of the Pleasure Dome al Festival Internazionale del Film Sperimentale di Bruxelles nel 1958). Gli schermi sperimentali degli anni Sessanta e Settanta, in tutte le loro forme, hanno riunito per la prima volta più media e più ambienti: il mondo dell'arte (pensiamo a Andy Warhol e ai suoi Outer and Inner Space e Chelsea Girls, 1966), il mondo del cinema d'avanguardia (non dimentichiamo Jordan Belson, che dal 1957 fu Visual Director dei concerti Vortex al Morrison Planetarium di San Francisco) e il pubblico mainstream si sono ritrovati per la prima volta insieme.
I cineasti della neoavanguardia degli anni '50 e '60 sapevano bene di appartenere ad una lunga storia (il syncinema di Maurice Lemaître, 1952) e cercarono così di riattivare i legami con le avanguardie degli anni '20 che per primi avevano teorizzato il cinema “espanso” multischermo, prima in testi immaginifici (il polycinema di László Moholy-Nagy, Dynamik der Großstadt, 1921-22) e poi praticato in performance live (Oskar Fischinger, Raumlichtkunst, 1926) o in film spettacolari (il polyvision di Abel Gance, Napoléon, 1927).
Dominique Noguez ha reperito le radici di questa moltiplicazione schermica del film in una serie di desideri legati strettamente tra loro: il desiderio di estendere lo schermo; il desiderio di creare spazi immersivi, integrando il cinema con altri media registrati; il desiderio di usare il cinema in modo performativo, entrando in contatto diretto con il pubblico; e il desiderio di indagare il processo del cinema - la decostruzione degli elementi del cinema in cui l'opera diventa gli elementi stessi.
La produzione cinematografica sperimentale degli anni '60 e '70 ha ampliato non solo il concetto di schermo, ma anche quello del luogo in cui gli schermi potevano essere collocati e utilizzati. Gene Youngblood, nel suo pionieristico libro Expanded Cinema (1970), ha documentato questa moltiplicazione di schermi attraverso esperimenti con furgoni adibiti a cinema mobili, schermi gonfiabili portatili e proiezioni in spazi e gallerie di artisti, in televisioni pubbliche e private, su palcoscenici di concerti in combinazione con musica dal vivo, in planetari, in case private, in classi universitarie, in chiese e in clubs, e in enormi ambienti multischermo, che utilizzavano più media contemporaneamente come proiezioni in formati di pellicola diversi (IMAX, 35mm, 16mm e 8mm), proiettori di diapositive e monitor televisivi. Il cinema immersivo spaziava dal concetto di “cinema espanso” introdotta dal movimento di controcultura degli anni Sessanta alle installazioni di videoarte a multiproiezione degli anni Settanta, dalle proiezioni semisferiche senza cornice al collage cinematografico di proiezioni assortite, originariamente proiettate nella cupola di un planetario realizzato da Stan VanDerBeek nel suo Movie-Drome a partire dal 1965: l'obiettivo era sempre quello di facilitare una certa “mutazione mentale” nel pubblico.
I film a doppia o tripla proiezione di cui proponiamo una piccola ma significativa selezione, sono stati pensati per essere folgoranti eventi audiovisivi, assolutamente coinvolgenti per il pubblico. Avere due o più immagini proiettate permette di analizzare, giocare o creare ogni sorta di nuove possibilità sinottiche per l'artista e per il pubblico. Le relazioni tra le inquadrature e le immagini possono essere esplorate non solo in sequenza, cioè una dopo l'altra nel tempo, ma anche simultaneamente e attraverso lo spazio fisico dello schermo cinematografico. Le qualità immersive e ipnotiche della luce, dell'immagine, del montaggio e della doppia proiezione - e il loro impatto psicologico sull'individuo - vengono esplorate con straordinari effetti che ampliano le possibilità di espandere la coscienza e di analizzare la macchina-cinema. Un universo sinestetico in cui vogliamo tornare a tuffarci anima e corpo!

Federico Rossin

 

TUTTE LE PROIEZIONI SONO GRATUITE


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