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2024

18 June
Saturday 18-06-2022
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Steven Spielberg

E.T. - L'extraterrestre

USA 1982 , 115'

[Si ringrazia per la copia Universal Pictures Home Entertainment]

La rappresentazione che ha fatto Spielberg di E.T., «una storia molto personale sul divorzio dei miei genitori, sulle mie sensazioni quando i miei genitori hanno deciso di separarsi», aiuta a comprendere la sua straordinaria capacità di toccare le corde emotive più profonde di un pubblico di massa.

Nei primi anni Ottanta il divorzio e le famiglie monogenitoriali negli Stati Uniti stavano diventano la norma. Il modello anni Cinquanta del nucleo familiare ideale sopravviveva più che altro nelle sitcom e nei film della Disney. Come ha osservato all’epoca il critico Art Murphy del «Daily Variety», una delle ragioni del successo di E.T. a fronte dell’insuccesso dei film Disney era che Spielberg non si esimeva dal prendere atto della dura realtà del divorzio, e lo assimilava in una storia di fantasia, mentre i malaccorti dirigenti della Disney si limitavano a replicare il tipo di film che faceva il fondatore negli anni Cinquanta. Secondo Murphy non riuscivano a capire che se Walt Disney fosse stato ancora vivo, si sarebbe adattato a questi mutamenti. Il motivo per il quale Spielberg e Disney sono figure così rappresentative e così amate è che le loro personalissime ossessioni coincidevano con le grandi correnti che sottendono alle rispettive società.

Figlio del divorzio e dell’anomia della suburbia, Spielberg crescendo ha imparato a non idealizzare la vita in famiglia. Tuttavia, nel vuoto emotivo lasciato dalla dissoluzione della sua, non poteva fare a meno di cercare un sostituto di figura paterna. Nell’età adulta questa esigenza lo ha indotto a identificare dei padri/mentori in figure imponenti quali Sheinberg e Steve Ross (della Time Warner). È stato un bisogno emotivo preponderante nella concezione di E.T. «Da bambino», ricorda infatti Spielberg, «mi immaginavo strane creature in agguato fuori della finestra della mia cameretta, e speravo che entrassero nella mia vita, magicamente cambiando tutto». […] Il padre assente e l’infantilmente vulnerabile madre distratta sono il riflesso (per quanto un tantino esagerato) dell’ambivalenza dei sentimenti di Spielberg rispetto ai propri genitori. Il saggio, rugoso E.T. occupa il posto emotivo del padre di Elliott, mentre Elliott, con un toccante rovesciamento dei ruoli, è il protettore della creaturina che ha tanta nostalgia di casa, e cerca di salvaguardarlo dal mondo degli adulti.

[…] L’attrazione che prova Spielberg per lo spazio gli fa trovare un’allettante metafora visiva della fuga da una situazione familiare insopportabile. Va anche detto che fra E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo c’è una rilevante differenza nel modo in cui i protagonisti si confrontano con le cerature dallo spazio. Mentre a Roy Neary andava benissimo lasciare moglie e figli per veleggiare nello spazio, Elliott alla fine non è disposto ad abbandonare la sua famiglia per andarsene con E.T. In parte ciò dipende dal fatto che non è un uomo adulto che non vede l’ora di uscire da un matrimonio fallito, bensì un bambino con un forte legame emotivo con la madre e i fratelli. Se da una parte E.T. prende atto degli amari risvolti del divorzio, dall’altra fa vedere come Spielberg sempre più riconosca l’importanza delle responsabilità familiari.

[…] Con E.T. Spielberg ha fatto a meno degli storyboard per la prima volta da quando era passato ai film a soggetto (escluse le scene con effetti speciali). Per un regista abituato a una elaborata pianificazione, era l’equivalente creativo di lavorare senza rete di salvataggio. «Ho realizzato che con gli storyboard avremmo rischiato di soffocare le reazioni spontanee che avrebbero potuto avere i bambini durante le riprese», ha spiegato, «e così volutamente non ho predisposto alcuna tavola; mi limitavo ad arrivare sul set e andavo a braccio tutti i giorni, girando il più possibile in sintonia con la mia sensibilità e i miei istinti».

[…] Le luci delicatamente espressive realizzate da [Allen] Daviau per E.T. si sono rivelate essenziali per il successo del film. Nelle parole dell’operatore, «mi ricordo di aver detto fin dalla prima lettura della sceneggiatura, “Dovrà sembrare molto reale. Tutto il mondo intorno deve essere assolutamente realistico, così che quando avviene la magia non sembri smaccata, e tutto l’insieme non dia l’impressione di un magico fatto apposta. La magia scaturisce da questa incredibile situazione”». […] La magia fotografica compiuta da Daviau ha convinto il pubblico che la creatura aliena di Rambaldi non fosse di plastica e gomma. Secondo un meravigliato Spielberg «E.T. riusciva non solo a sembrare triste, ma anche curiosamente triste, e non per come era azionato meccanicamente, ma grazie a come Allen muoveva le luci».

Joseph McBride, Steven Spielberg – A Biography, Faber & Faber, 2012

 

Guardando il film [con i due nipoti, dieci anni dopo la prima uscita di E.T.], mi sono reso conto di quanto fosse giusta la tua domanda. Tutto il film si basa su ciò che al cinema si chiama “punto di vista”. Quasi tutte le scene importanti sono viste o come le vedrebbe E.T. o come le vedrebbe Elliott. E le cose le capiamo come le capirebbero loro. Non ci sono momenti cruciali in cui la macchina da presa fa un passo indietro e assume un punto di vista adulto. La maggior parte del tempo guardiamo alle cose attraverso lo sguardo di un bambino – o di un alieno. Quando Elliott ed E.T. si vedono per la prima volta, fanno entrambi un balzo all’indietro per la paura e la sorpresa e lanciano un urlo. Li vediamo entrambi dal punto di vista l’uno dell’altro. Quando la macchina da presa è più arretrata per mostrare una scena d’insieme, di solito non lo fa da un punto di vista adulto. C’è un momento, per esempio, in cui la mamma di Elliott si muove per casa sbrigando faccende, senza mai accorgersi che c’è E.T. che sgattaiola per la stanza al di sotto della sua visuale. La macchina da presa rimane distante da lei. Noi non vediamo lei che guarda di qua o di là, perché il film non è su ciò che guarda lei.

[…] E poi ho pensato, il fatto che tu lo avessi capito era un segno di quanto sia stato bravo Spielberg. A quattro anni di età eri piccolo per capire il concetto di punto di vista, ma abbastanza grande per reagire ad esso. Per tutto il film avevi visto quasi tutto attraverso gli occhi di E.T. o di Elliott. Arrivati alla fine, con E.T. ti ci eri identificato.

Roger Ebert, E.T. The Extra-Terrestrial, 14 settembre 1992

Soggetto Steven Spielberg
Sceneggiatura Melissa Mathison
Produttore Steven Spielberg, Kathleen Kennedy
Produttore esecutivo Melissa Mathison
Casa di produzione Amblin Entertainment, Universal Pictures
Fotografia Allen Daviau
Montaggio Carol Littleton
Effetti speciali Carlo Rambaldi, Dennis Muren, Kenneth Smith
Cast Henry Thomas: Elliott Taylor
Dee Wallace: Mary Taylor
Robert MacNaughton: Michael Taylor
Drew Barrymore: Gertie Taylor
Peter Coyote: Keys
Pat Welsh: voce E.T. (per l’Italia Elsa Camarda)


TUTTE LE PROIEZIONI SONO GRATUITE


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