Pablo Mazzolo, Ceniza verde
Dopo aver combattuto gli spagnoli nell’attuale zona delle Sierras de Cordoba, centinaia di donne, bambini e anziani dell’etnia Hênia-Kâmîare – insediata lì da 1600 anni – si buttarono giù dalla cima del monte Charalqueta (intitolato al dio della gioia) per sfuggire alla schiavitù. Da allora la montagna si chiama Colchiqui in onore al dio del fato e del dolore. Si tratta del più grande suicidio collettivo della storia di quella che oggi va sotto il nome di Argentina.
Alla presenza dei registi Benjamín Ellenberger, Azucena Losana, Pablo Marín, Jessica Sarah Rinland e del curatore Orazio Leogrande.
Pablo Mazzolo (Buenos Aires 1976) è professore alla Università Nazionale di Quilmes, montatore di documentari e tiene seminari per giovani affetti da autismo sulla percezione visiva e la creazione di immagini. Come regista lavora su supporti analogici e in particolare sulle qualità chimiche e ottiche del mezzo, trattando in particolare il paesaggio umano e naturale e il tema della sovranità degli indigeni.
Orazio Leogrande
Dieci cortometraggi realizzati in Argentina nel corso degli ultimi dieci anni. Dieci opere filmate in pellicola. Sono forse gli unici dati ad accomunare i film in questione. Qualcuno potrebbe ascriverli al cinema sperimentale, proclivi come sono a rinnovare forme di espressione, produzione ed esperienza cinematografica. Si tratta infatti di film autoprodotti, realizzati per una esigenza personale, distribuiti in spazi alternativi e a volte elaborati nel corso di anni. Dallo scambio epistolare alla memoria storica, dall’analisi strutturale di un luogo alla sua rivisitazione allucinata, queste opere riflettono un’immagine profonda di quella terra lontana. Il deficit economico, il populismo istituzionalizzato, l’abbandono sociale, ma anche il colonialismo di mercato, l’omogeneizzazione planetaria, la virtualità quotidiana, hanno ostacolato questo tipo di cinema che, malgrado o grazie a questo, è riuscito a immaginare un altro presente. Quando, al passaggio di millennio, il mercato si inizia a spostare verso il digitale, questi registi realizzano i loro primi film in pellicola. La celluloide ha il vantaggio di intessere un dialogo immediato, a volte segreto, con alcuni cineasti della generazione anteriore. Offre un rapporto fisico con il materiale di lavoro. Àncora un fotogramma alla realtà, in virtù di un unico e irripetibile raggio di luce. Proprio perché dimenticato, il formato analogico si rivela allora un inesauribile spazio di libertà. I film di questo programma riassumono un passato prossimo, e sono il punto d’arrivo di una battaglia comune. In tempi incerti, questi film appaiono anche come un luminoso auspicio per quello che il cinema sarà.
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