Joaquín Aras, ¿Quién se atreve a matar al cine?
Vediamo un uomo agire con violenza contro un ostaggio, oppure contro un personaggio di finzione, o contro lo spettatore,o contro il regista, o la macchina da presa, o la celluloide, oppure contro il cinema stesso.
Alla presenza dei registi Benjamín Ellenberger, Azucena Losana, Pablo Marín, Jessica Sarah Rinland e del curatore Orazio Leogrande.
Joaquín Aras (Buenos Aires 1985) è un artista e regista argentino, il cui lavoro si concentra sullo spazio emotivo fra pubblico e mezzo utilizzato oltre che sulle modalità con cui le esperienze narrative riescono a preservare la memoria pur ponendosi in contraddizione con la storicità.
Orazio Leogrande
Dieci cortometraggi realizzati in Argentina nel corso degli ultimi dieci anni. Dieci opere filmate in pellicola. Sono forse gli unici dati ad accomunare i film in questione. Qualcuno potrebbe ascriverli al cinema sperimentale, proclivi come sono a rinnovare forme di espressione, produzione ed esperienza cinematografica. Si tratta infatti di film autoprodotti, realizzati per una esigenza personale, distribuiti in spazi alternativi e a volte elaborati nel corso di anni. Dallo scambio epistolare alla memoria storica, dall’analisi strutturale di un luogo alla sua rivisitazione allucinata, queste opere riflettono un’immagine profonda di quella terra lontana. Il deficit economico, il populismo istituzionalizzato, l’abbandono sociale, ma anche il colonialismo di mercato, l’omogeneizzazione planetaria, la virtualità quotidiana, hanno ostacolato questo tipo di cinema che, malgrado o grazie a questo, è riuscito a immaginare un altro presente. Quando, al passaggio di millennio, il mercato si inizia a spostare verso il digitale, questi registi realizzano i loro primi film in pellicola. La celluloide ha il vantaggio di intessere un dialogo immediato, a volte segreto, con alcuni cineasti della generazione anteriore. Offre un rapporto fisico con il materiale di lavoro. Àncora un fotogramma alla realtà, in virtù di un unico e irripetibile raggio di luce. Proprio perché dimenticato, il formato analogico si rivela allora un inesauribile spazio di libertà. I film di questo programma riassumono un passato prossimo, e sono il punto d’arrivo di una battaglia comune. In tempi incerti, questi film appaiono anche come un luminoso auspicio per quello che il cinema sarà.
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