Gli stati emotivi si mescolano e cambiano forma, spesso senza che ce ne accorgiamo. Si scambiano d'identità e creano una nuvola di confusione. Proviamo a chiederci il perché, e caliamo la fune nel profondo di noi stessi, ma è l'irrazionalità più selvaggia, veloce e mutevole, per sempre indomabile. Eppure è la sua impotenza prepotente che ci costringe a scovarne la bellezza.
«U(A)more mette in scena la confusione sensibile di ognuno di noi, un'onda che va e che torna, fluida e costante. Un circolo vizioso senza fine, in cui però troviamo il brivido della presenza e la sua bellezza. La metamorfosi dei personaggi, legati dall'intensità delle emozioni, incarna questo».
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