PROIEZIONI:
TIRO AL PICCIONE (Italia, 1961, 114’)
SACCO E VANZETTI (Italia/Francia, 1971, 111’)
GIORDANO BRUNO (Italia, 1973, 123’)
GLI OCCHIALI D’ORO (Italia/Francia/Jugoslavia, 1987, 103’)
I DEMONI DI SAN PIETROBURGO (Italia, 2008, 118’)
L’INDUSTRIALE (Italia, 2011, 94’)
Per via degli spazi di proiezione limitati, a causa delle normative sanitarie per l’emergenza Coronavirus, si è operata una selezione dei lungometraggi di Giuliano Montaldo che però tenesse in conto i diversi momenti importanti della sua filmografia. Tutte le copie provengono dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale che co-organizza l’evento speciale.
Per celebrare i 55 anni della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema abbiamo pensato di riprendere una delle tante idee dei fondatori della Mostra, Lino Miccichè e Bruno Torri, ovvero l’Evento Speciale che dal 1988 è stato dedicato ai più grandi autori del nostro cinema: da Vittorio De Sica a Vittorio Gassman, da Mario Monicelli a Ettore Scola, da Dario Argento a Marco Bellocchio, da Paolo e Vittorio Taviani a Nanni Moretti, da Bernardo Bertolucci a Marco Ferreri, da Luigi Comencini ad Alberto Lattuada, da Ermanno Olmi a Carlo Lizzani. Ricordando proprio il cinema di quest’ultimo, abbiamo pensato che ci fosse un pezzo mancante in questo nostro meraviglioso puzzle. Così, in quest’anno storico, anche per i suoi novant’anni tondo tondi, abbiamo deciso di dedicare al cinema di Giuliano Montaldo un evento speciale che fosse anche l’occasione per rileggere, non solo i suoi film (le schede critiche contenute nel nostro volume Giuliano Montaldo: una storia Italiana, pubblicato da Marsilio nella collana Nuovocinema, sono state affidate a una generazione giovane di studiosi per verificare se le sue opere abbiano resistito al tempo), ma anche la sua straordinaria esistenza di fabbricatore di immaginari.
Ripercorrere la storia di questo regista significa anche far tesoro della storia passata, per imparare da essa. In un momento in cui si riflette sulle nuove tecnologie, sull’innovazione, sul rapporto con il pubblico e sulla capacità del nostro cinema di varcare le frontiere, ci sembra che Montaldo che ha iniziato l’uso dell’alta definizione quando questa sembrava fantascienza, che ha diretto dei film e una serie televisiva che hanno fatto il giro del mondo ricevendo i favori dei pubblici più diversi, che ha saputo dirigere in modo personale i grandi nomi del cinema italiano e anche del cinema internazionale, sia un esempio di cineasta che ancora oggi ci può insegnare molto. Pochi autori hanno avuto, come Giuliano Montaldo, la capacità di rappresentare la complessità del cinema italiano del secondo dopoguerra. Nella filmografia del regista genovese, infatti, convivono tanti elementi che a loro volta raccontano come quella stagione del nostro cinema sia stata ricca, articolata, sorprendente. Scorrendo la sua filmografia si incontrano opere di grande impegno civile che hanno avuto riconoscimenti internazionali e grande successo di pubblico insieme a lavori coraggiosi ma che in un primo momento sono stati un po’ snobbati, anche dalla critica. Si trovano film che sperimentano tecniche nuove insieme ad altri (magari girati sotto pseudonimo) che aderiscono invece ai generi più esplicitamente popolari; si alternano pellicole destinate al grande schermo e altre che invece sono state pensate per la televisione.
Non è finita, perché Montaldo ha saputo anche essere un regista espressamente impegnato sul terreno politico ma anche un presidente aperto e lungimirante per Rai Cinema, società di produzione che è stata da lui pensata e fondata. Queste compresenze non sono casuali. Il cinema italiano, nella sua stagione d’oro, ha infatti saputo far convivere tutto e il contrario di tutto, la sperimentazione e la produzione di film di genere, l’impiego di grandi attori e di mezzi potenti con la presentazione di film a piccolo budget che hanno però profondamente segnato la storia del cinema e il rapporto con il pubblico. Un cinema profondamente nazionale che però sapeva trovare una sua collocazione a livello internazionale: quando in Italia si producevano più di trecento film ogni anno, questi film erano quasi automaticamente esportati in tutto il mondo e sapevano generare una ricchezza (culturale ma anche economica) che non aveva uguali. Montaldo può essere considerato la punta di diamante di questo cinema propositivo e al tempo stesso spettacolare, capace di combattere battaglie importanti ma anche di intercettare i gusti di un pubblico non solo nazionale. Lo stesso atteggiamento sornione e ironico che traspare in tutte le sue interviste, nelle sue dichiarazioni, nel modo di vivere il suo ruolo di personaggio pubblico è un tratto che lo accomuna a un ristretto numero di persone che hanno contribuito a rendere importante il nostro cinema. Non è un caso se alcune di loro sono suoi amici, suoi compagni di avventure. Come Carlo Lizzani, il regista-storico-direttore di festival che lo fa esordire sullo schermo giovanissimo e che in seguito saprà dirigere molti film, scrivere testi critici importanti e, last but not least, rifondare il Festival di Venezia quando questa impresa sembrava impossibile; o come Elio Petri, anch’egli conosciuto agli esordi e poi sodale in una delle imprese più divertenti e sorprendenti. E ancora Gillo Pontecorvo, il regista che firmerà pochi film ma saprà a sua volta essere un attento direttore di festival, e Gian Maria Volonté, l’attore per eccellenza, che con Petri e con Montaldo ha probabilmente dato il meglio di sé in una carriera scandita dal suo carattere difficile ma ricca di interpretazioni memorabili. C’è un’altra collaborazione fondamentale ed è quella con Ennio Morricone, meno nota di quella ad esempio con Sergio Leone, che però ha un arco temporale molto più ampio e che, film dopo film, acquista un ruolo sempre più centrale per lo spazio che Montaldo gli ha voluto concedere.
Montaldo ha una grande coerenza di fondo nella scelta dei suoi soggetti. Sia quando si cimenta in importanti ricostruzioni storiche sia quando invece predilige racconti contemporanei, il regista genovese vuole sempre raccontare come l’intolleranza rappresenti il vero cancro che regola i rapporti tra gli esseri umani. Intolleranza che non è però una categoria dello spirito ma che affonda invece le sue radici in ragioni storiche, economiche e sociali che vengono puntualmente raccontate nel corso della finzione filmica. Poi, essendo lui stesso un ottimo attore (lo ha dimostrato da giovane, lo ha confermato anche recentemente lavorando con Nanni Moretti e con Francesco Bruni, ottenendo anche un importante riconoscimento, David di Donatello per il migliore attore non protagonista, per il lavoro con il secondo), ha saputo trarre il meglio dagli attori con i quali ha lavorato. Si leggano, nell’ultima parte del volume, le testimonianze degli attori che con lui hanno lavorato e si confrontino, in un ideale montaggio, con quanto Montaldo stesso dichiara rispetto al suo lavoro con gli attori: ne esce un quadro di grande ricchezza culturale, di vera attenzione per i segreti del cinema, di metodologia del rapporto regista-attore quasi da manuale. E, come tutti i grandi nomi del nostro cinema, Giuliano Montaldo ha saputo anche essere seminale con il proprio lavoro. Le sue lezioni al Centro Sperimentale di Cinematografia sono diventate leggendarie e danno origine, ancora una volta, a testimonianze entusiaste da parte di chi le ha frequentate e che adesso ha un ruolo importante nell’industria cinematografica italiana. La politica che Montaldo ha studiato per Rai Cinema ha dato origine a tanti film che senza di lui non sarebbero stati realizzati. La generosità con la quale ha risposto a tutti coloro (soprattutto giovani) che gli hanno chiesto consigli, sottoposto progetti, organizzato eventi è davvero proverbiale e nota a tutti coloro che frequentano il mondo del cinema italiano. Il suo contributo alla conoscenza della storia del cinema è testimoniato dalle sue introduzioni ai restauri di film suoi e di altri, alla partecipazione mai banale e mai casuale a convegni di approfondimento. C’è molto della bottega rinascimentale nel lavoro di Giuliano Montaldo.
Scorrendo i titoli dei suoi film, ad esempio, ricorre molto spesso il nome di Vera Pescarolo Montaldo, l’elegante signora dello spettacolo che ha condiviso con lui quasi tutta la carriera. Insieme, Giuliano e Vera, costituiscono una coppia leggendaria, una forza della natura; ma sono anche la dimostrazione di quanto il modo di lavorare del regista genovese non abbia nulla della standardizzazione dei ruoli ma sia basato su un continuo scambio ed arricchimento dialettico. Montaldo sa rispettare i budget e non sfora mai i tempi di lavorazione, ma al tempo stesso deve poter lavorare con chi sceglie lui: proprio come gli artigiani del nostro Rinascimento.
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