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MORTE A VENEZIA MI HA PERSEGUITATO PER TUTTA LA VITA”

BJÖRN ANDRÉSEN PROTAGONISTA DEL DOC THE MOST BEAUTIFUL BOY IN THE WORLD RACCONTA LA SUA VITA SEGNATA DAL RUOLO DI TADZIO PER VISCONTI

 

Verrà presentato questa sera in anteprima italiana alla 57° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro l’atteso documentario The Most Beautiful Boy in the World di Kristina Lindström e Kristian Petri, incentrato sulla vita di Björn Andrésen, l’iconico Tadzio di Morte a Venezia , un film che, ha affermato, “mi ha perseguitato per tutta la vita”.

Il motivo che lo ha spinto ad accettare di apparire in questo documentario – che sarà distribuito in Italia da Wanted Cinema -  è da rintracciarsi nell’amicizia di lunga data che lo lega al regista Kristian Petri, con il quale ha condiviso molti lavori e, come ha candidamente ammesso, altrettante serate al bar. L’invito è stato dunque accettato molto naturalmente, pensando inizialmente a un breve cortometraggio che sarebbe stato trasmesso al massimo sulla televisione svedese, ma poi il film è “cresciuto oltre tutte le mie aspettative”, fino a diventare un’opera di un’ora e mezza che, dal Sundance, sta girando il circuito festivaliero.

Andrésen ha raccontato che a indirizzare la sua carriera da attore è stata la nonna, la quale sin da bambino lo iscriveva a provini per film, programmi televisivi e pubblicità, tanto da apparire in televisione già a 7 anni e al cinema a 15. Fu proprio dopo quel primo film svedese da lui interpretato che Visconti lo scoprì e lo scelse per il ruolo di Tadzio rendendolo un’icona mondiale.  È stato quindi inevitabile parlare della sua esperienza sul set di Morte a Venezia che l’attore ricorda con piacere, come un periodo spensierato segnato dalle scorribande veneziane che faceva con i suoi coetanei fuori dal set. Tra i suoi colleghi, invece, ha ricordato con particolare affetto Silvana Mangano che ha definito una persona estremamente dolce, ma anche molto nervosa in occasione della premiere del film, tanto da averla dovuta quasi sorreggere per le scale che portavano alla platea. Di Luchino Visconti, invece, il ricordo è più contraddittorio, perché il regista non interagiva affatto con lui, se non per delle direttive semplicissime, un qualcosa che Andrésen “perdona” e che imputa alla sua giovane età e inesperienza. Allo stesso tempo, però, ricorda anche l’aura di timore che il regista emanava e che era in grado di ammutolire l’intero Hotel des Bains quando si arrabbiava, tanto che i tre aggettivi da lui scelti per descriverlo sono stati: “spaventoso, feroce e riverito”.

Per il ruolo di Tadzio che lo ha reso famoso, invece, Andrésen non ha mai nutrito nessun rancore, confessando che sia stato tutto ciò che è venuto dopo, a partire dalla presentazione a Cannes e il successivo viaggio in Giappone, a far iniziare un vero e proprio incubo che ha segnato irrimediabilmente la sua vita. Da allora, infatti, l’attore sente che qualsiasi cosa abbia fatto sia stata associata in qualche modo a quel ruolo iconico. Per questo spera che la realizzazione del documentario possa aiutarlo a venire a patti con quanto avvenuto e chiudere finalmente il cerchio, anche se si è detto scettico al riguardo, soprattutto per quanto concerne la percezione che gli altri hanno di lui.

Il ruolo di Tadzio, nonostante gli ha abbia dato la fama mondiale, non lo ha reso infatti felice, dichiarando anzi di aver capito che la felicità nel diventare famoso si può eventualmente raggiungere solo se la si conquista per una propria abilità o per qualcosa che si è fatto personalmente. Per questo motivo consiglia ai giovani di non ambire a fama o successo, ma solo di cercare qualcosa per cui possano provare una soddisfazione personale. Una soddisfazione che Andrésen prova quando può dedicarsi alla musica, sua vera passione. Anch’essa però è stata condizionata dal suo status, ricordando in maniera amara di non riuscire a trovare una band con cui suonare perché tutti lo considerano un attore “e il luogo comune, si sa, prevede che un attore non possa essere anche un bravo musicista.”

Andrésen ha però concluso su una nota più lieta quando ha parlato dell’ultimo ruolo da lui interpretato, quello in Midsommar di Ari Aster, che ha definito “un sogno divenuto realtà” in quanto desiderava apparire in un horror sin da quando, ancora adolescente, gli chiedevano quale film avrebbe voluto interpretare dopo Morte a Venezia. Un sogno realizzatosi a cinquant’anni di distanza.

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LA TAVOLA ROTONDA SU E CON LILIANA CAVANI

LA PRESENTAZIONE DEL VOLUME MARSILIO A LEI DEDICATO

LA VERSIONE RESTAURATA E INTEGRALE DI AL DI LÀ DEL BENE E DEL MALE, FILM DI CHIUSURA

 

Pesaro, 26 giugno 2021. Si è svolta questa mattina l’attesa tavola rotonda dedicata a Liliana Cavani, alla presenza della regista, protagonista dell’evento speciale sul cinema italiano di questa 57° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro. Un evento speciale particolarmente rilevante, perché per la prima volta ad esserne protagonista è una regista donna.

È stata anche l’occasione per presentare ufficialmente “Liliana Cavani. Il cinema e i film” il volume a lei dedicato, edito da Marsilio e curato da Cristiana Paternò e Pedro Armocida che hanno anche moderato l’incontro. Come hanno tenuto a sottolineare entrambi, il volume non solo colma una lacuna all’interno di una bibliografia sulla regista ancora piuttosto scarna, ma ha anche il pregio di riunire saggi eterogenei che aiutano ad andare oltre i luoghi comuni che hanno spesso accompagnato e travisato la sua opera. Alle analisi di critici e studiosi di cinema, se ne affiancano infatti altri realizzati da esperti di diversi ambiti che hanno aiutato ad inquadrare il cinema della regista di Carpi da prospettive differenti: dalle coreografie di danze e balletti alla sua ricca produzione lirica.

Cristiana Paternò ha introdotto l’incontro con un ricordo personale, raccontando il grande impatto che ebbe su di lei la rappresentazione di Lou Salomé, donna libera sotto tutti i punti di vista, alla prima visione di Al di là del bene e del male, film di chiusura della Mostra questa sera alle 22.30 al Teatro Sperimentale, proposto in anteprima mondiale nella versione integrale e restaurata da CSC - Cineteca Nazionale e Istituto Luce Cinecittà con la supervisione della regista. Paternò ha poi sottolineato lo sguardo originale dell’autrice sul mondo e la sua straordinaria coerenza narrativa e tematica che affonda le sue radici nella lezione della Storia e che trova nella figura di Francesco la sua luce guida.

La regista ha ringraziato per l’evento a lei dedicato e si è detta sempre lusingata ogniqualvolta qualcuno riesce a “trovare un sentiero” che collega le sue opere, ammettendo che la Storia riveste effettivamente un ruolo fondamentale nel suo cinema perché non è mai veramente passata, ma “è sempre presente sulle nostre spalle. La Storia è ‘orientante’ anche se ci facciamo poco caso nella vita di tutti i giorni”. Per far sì che non ci si dimentichi di essa, il cinema è un mezzo importante perché grazie alla sua riproducibilità tecnica può entrare molto più capillarmente nell’immaginario comune.

Il primo intervento è poi stato quello di Francesca Brignoli, tra le massime esperte del cinema della Cavani, che nel suo saggio ha analizzato “i tre Francesco”, figura di anarchico e di ribelle che rifiuta le etichette ma è molto coerente nelle sue scelte e che può fungere da alter-ego della regista stessa, la quale è rimasta sempre fedele a se stessa e non ha mai cercato di compiacere gli altri. Cavani ha confermato quanto detto, aggiungendo di ritenere Francesco, insieme a Dante, il più grande intellettuale della storia italiana che lei scoprì negli anni ’60 in occasione del suo primo lavoro e che poi ha continuato ad approfondire per tutta la vita dedicandogli tre film. Un uomo che ha contribuito a donarle una nuova visione del mondo e a farle comprendere il valore della fratellanza che bisognerebbe riscoprire perché “serve una coscienza sociale che oggi non c’è”. È intervenuta poi Paola Casella che nel libro si è occupata dalla questione femminile – e quindi di quella umana tout court, come ha sottolineato – nel cinema della regista, definendola una “persona libera di sesso femminile”. Per la giornalista e critica ci sono due fari che guidano la sua filmografia, ovvero la complessità umana in tutte le sue sfaccettature e la dignità umana, sia essa rispettata (Francesco) o calpestata (la trilogia tedesca).

Italo Moscati è stato invece tra i primi critici a riconoscere il valore del primo Francesco e si è detto quindi onorato di partecipare a questo evento, considerando i film della regista “fondamentali”, citando in particolare I Cannibali. Moscati ha raccontato di come all’inizio della sua carriera in Rai, Cavani venisse accusata e criticata da politici e censori in quanto una delle poche giovani donne che cercavano di innovare la televisione nazionale con nuovi modelli di racconto e una nuova sensibilità. Invece per Moscati è proprio dal cinema della Cavani che bisogna partire per invocare un “bisogno di profondità” che manca nel cinema italiano attuale, nel quale confluisca anche una visione politica appassionata. Sulla stessa linea ha proseguito Giacomo Ravesi che ha contribuito al volume con un saggio sui documentari televisivi della Cavani nei quali, afferma, si capisce già la sua capacità di “stare” nella Storia e non solo di guardarla, in particolare con la “scoperta” degli orrori nazisti e del dramma della Storia che la ha portata a coniugare questi lavori “al tempo presente”. Cavani ha confermato come in quel periodo stesse cercando di portare rinnovamento all’interno della Rai che però fu ostacolato ripetutamente da forze interne ed esterne. È stato comunque per lei un periodo formativo che, negli anni, la hanno messa a diretto contatto con diverse realtà, come quella della povertà, un valore importante che ha poi integrato anche nei suoi “Francesco”.

È stato poi il turno di Ilaria Feole che ha parlato invece del Francesco del 1989, affermando che tra tutte le figure francescane del cinema italiano, da Rossellini e Zeffirelli, quello della Cavani è stato il più efficace, quello che ha lasciato maggiormente il segno, perché non ne racconta ma leggenda, ma lo rende “corpo”, quindi vulnerabile e umano, come dimostra la famosa scena delle stimmate. Infine, ha preso la parola il co-fondatore della Mostra Bruno Torri che ha reso omaggio alla Cavani collocandola tra le figure di riferimento per la storia del cinema italiano, una vera e propria Maestra nel cui cinema non c’è solo l’espressione di un punto di vista, o una compiutezza estetica, ma viene espressa anche un’ansia di conoscenza che rende i suoi film ancora più “utili”.

La tavola rotonda si è conclusa con un breve intervento della regista sul suo rapporto con la censura, considerati anche i tagli che hanno afflitto il suo capolavoro Al di là del bene e del male che verrà proiettato questa sera nella sua versione integrale. A parlare di quest’ultima c’era anche Sergio Bruno che ha curato il restauro per la Cineteca Nazionale definendo l’operazione una sorta di “ricerca storica” col fine di ricostruire la versione integrale, dieci minuti in più che sono importanti perché “cambiano lo stile narrativo del film, sono chirurgici”. Secondo Cavani la censura si è adeguata ai tempi, e ciò che era considerato da censurare trent’anni fa è oggi comunemente accettato, se non addirittura ridicolo, come successo alla scena di Il portiere di notte censurata perché durante un amplesso la donna si trova sopra l’uomo, o quando il suo Galileo fu contestato e censurato a causa dei rapporti conflittuali con la Chiesa e per la scena del rogo di Giordano Bruno, considerata morbosamente lunga. Se sotto un regime dittatoriale operare la censura è una pratica “semplice”, in un paese democratico è difficilissimo e rischia il ridicolo continuamente per voler nascondere quella che è semplicemente la realtà. Anche perché, nella maggior parte dei casi, “è un ufficio che non è all’altezza della sua funzione.”

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Sabato, 26 Giugno 2021 19:15

#PESAROFF57 / TUTTI I VINCITORI

A BANANA TREE IS NO COINCIDENCE DI LUIZA GONÇALVES VINCE IL PREMIO LINO MICCICHE’ COME MIGLIOR FILM DEL CONCORSO PESARO NUOVO CINEMA

ONE THOUSAND AND ONE ATTEMPTS TO BE AN OCEAN DI YUYAN WANG VINCE IL PREMIO DELLA GIURIA GIOVANI

TRE MENZIONI SPECIALI: IL GEORGIANO WHAT DO WE SEE WHEN WE LOOK AT THE SKY? DI ALEXANDRE KOBERIDZE (GIURIA PROFESSIONALE), THIS DAY WON’T LAST DI MOUAAD EL SALEM E EDNA DI ERYK ROCHA (GIURIA GIOVANI)

IL PREMIO DEL PUBBLICO VA A THE NIGHTWALK DI ADRIANO VALERIO

A ELISABETTA SGARBI IL PREMIO VEDOMUSICA – VIDEOCLIP ITALIANI PER È BELLO PERDERSI

 

Questa sera si conclude la 57° edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro con la cerimonia di premiazione presentata da Miriam Galanti in Piazza del Popolo e, a seguire, la proiezione del film di chiusura (22.30 al Teatro Sperimentale), l’anteprima mondiale della versione integrale e restaurata da CSC - Cineteca Nazionale e Istituto Luce Cinecittà (con la supervisione della regista) di Al di là del bene e del male, a conclusione dell’evento speciale a dedicato a Liliana Cavani. Di seguito i premi.

 

CONCORSO PESARO NUOVO CINEMA 2021

PREMIO LINO MICCICHÈ

Il Concorso Pesaro Nuovo Cinema è aperto anche quest’anno a opere di tutti i generi e formati, dai lunghi ai cortometraggi, realizzati sia da registi esordienti sia da autori più affermati, per un totale di 16 opere in gara. La Giuria, composta dal montatore e regista Walter Fasano, dall’attore e regista Edoardo Gabbriellini e dalla scrittrice Eleonora Marangoni, ha assegnato il Premio Lino Miccichè per il miglior film del Concorso a:

A BANANA TREE IS NO COINCIDENCE (UN BANANERO NO ES CASUALIDAD)
di Luiza Gonçalves (Spagna, 2021, 10’)

La giovanissima argentina trapiantata a New York Luiza Gonçalves (classe 1997), attualmente al lavoro sul suo primo lungometraggio, utilizzando documentario, manipolazione digitale e disegno a mano, realizza un divertente - ma anche stratificato e complesso - calembour che prende spunto dalla domanda sul perché crescano gli alberi di banano a San Sebastián. Il film ha vinto con la seguente motivazione:

 “Perché racconta una storia delicata e significativa, di grande capacità espressiva, grazia, intelligenza e ironia. Un film breve, ma vitale e generoso.”

La giuria professionale ha inoltre deciso di assegnare una MENZIONE SPECIALE per un film del Concorso a:

WHAT DO WE SEE WHEN WE LOOK AT THE SKY?
di Alexandre Koberidze (Germania/Georgia, 2021, 150’)

Secondo lungometraggio del regista georgiano residente in Germania Alexandre Koberidze è una favola moderna dove il soprannaturale si fonde alla quotidianità per raccontare la storia d’amore tra una farmacista e un calciatore che cercano di (ri)trovarsi e finiscono per (ri)scoprire il mondo con occhi nuovi, mentre in sottofondo suonano le note di  Notti magiche di Edoardo Bennato e Gianna Nannini. Il film sarà distribuito prossimamente da Mubi. L’opera ha vinto la menzione speciale con la seguente motivazione:

“Per il suo sguardo rivelatore e per l’invito semplice e potente a cercare lo straordinario nella vita di tutti i giorni.”

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PREMIO DELLA GIURIA GIOVANI

Una giuria di studenti coordinata da Pierpaolo De Sanctis e formata da ventidue giovani provenienti da varie università e scuole di cinema italiane è stata chiamata a conferire un premio a un film del Concorso. Il film vincitore del Premio della giuria giovani è:

ONE THOUSAND AND ONE ATTEMPTS TO BE AN OCEAN
di Yuyan Wang (Francia, 2021, 11’30’’)

In quest’opera sperimentale, la giovane regista e artista cinese che vive a Parigi Yuyan Wang riflette sull’esperienza di non essere in grado di percepire la profondità attraverso una narrazione astratta e una musica minimalista, con un lavoro che attinge visivamente ai satisfying video oggi di moda nella rete. Il premio è stato conferito:

“Per la forza del suo movimento ondulatorio, violento e ipnotico, capace di farci sprofondare in un mondo in cui la componente umana si fonde con quella artificiale. Per l’efficacia dello stile, in grado di travolgere lo spettatore come un’onda multisensoriale, attraverso un montaggio vorticoso e una colonna sonora minimale.”

La Giuria giovani assegna inoltre due Menzioni Speciali ai film:

THIS DAY WON’T LAST di Mouaad el Salem (Belgio/Tunisia, 2020, 26’)

“Un’autoritratto intimo che colpisce per l’urgenza di denunciare l’oppressione e la repressione della comunità LGTBQ+ attraverso un utilizzo politico e poetico del montaggio e della ripresa, con l’intento di dare una coraggiosa testimonianza che non lascia indifferente lo spettatore.”

EDNA di Eryk Rocha (Brasile, 2021, 64’)

“Per la cura dedicata alla costruzione visiva di un personaggio tormentato che porta sul suo corpo i segni indelebili di un conflitto interiore ed esteriore. Per l’uso dialettico del colore e dell’assenza di esso, che definisce un linguaggio poetico e contemplativo, in grado di collocare la narrazione al confine tra realtà e sogno.”

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PREMIO DEL PUBBLICO

Quest’anno la Mostra ha stretto una collaborazione con MyMovies per dare la possibilità agli spettatori che non hanno potuto raggiungere Pesaro di guardare una selezione di dieci film del festival direttamente da casa propria. Il pubblico di MyMovies ha poi votato alla fine di ogni proiezione digitale, decretando che il Premio del pubblico andasse a:

THE NIGHTWALK di Adriano Valerio (Francia/Italia, 2021, 15’)

Autore di Banat – Il viaggio, presentato a Venezia nel 2015, Andriano Valerio ha portato a Pesaro un cortometraggio fatto di fughe e isolamenti, nel quale un uomo si ritrova confinato in un appartamento vuoto di Shanghai in preda a pensieri oscuri e l’unico modo per sfuggire a minacce fisiche e mentali è quello di attraversare la città deserta.

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PREMIO VEDOMUSICA – VIDEOCLIP ITALIANI

Esordisce quest’anno con la sua prima edizione VEDOMUSICA, il concorso a cura di Luca Pacilio dedicato ai videoclip musicali italiani prodotti nell’ultimo anno che vuole dare il giusto riconoscimento a una modalità espressiva che si reinventa di continuo, rinnovando e sperimentando tecniche vecchie e nuove. Dei venti videoclip selezionati, sono stati scelti sei finalisti proiettati, uno ogni sera, in Piazza del Popolo. Il pubblico ha poi potuto votare attraverso i canali social della Mostra il videoclip preferito che è risultato essere:

È BELLO PERDERSI – Extraliscio di Elisabetta Sgarbi(2021, 3’47”)

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CONCORSO (RI)MONTAGGI
IL CINEMA ATTRAVERSO LE IMMAGINI 2021

(Ri)montaggi è il primo concorso in Italia legato al video essay, la nuova forma di critica cinematografica per immagini che trova spazio non solo in video virali sul web, ma anche come momento di studio nelle università più all’avanguardia. Per questa sesta edizione i curatori Chiara Grizzaffi e Andrea Minuz hanno selezionato come finalisti cinque video essay/recut/mash-up/remix realizzati da studenti di università e scuole di cinema di tutto il mondo, aprendo quest’anno le iscrizioni anche alle scuole secondarie di secondo grado italiane.

La giuria composta da Elena Marcheschi, Andrea Miele e Elio Ugenti ha eletto come vincitore:

STAIRS
di Adele Insardà (Università Tor Vergata)

Con la seguente motivazione:

“Per la capacità di coniugare al meglio le finalità analitiche del videoessay con un impianto estetico solido, capace di coinvolgere e affascinare lo spettatore. Stairs è un lavoro fondato su una ricerca notevolmente approfondita volta a creare connessioni pertinenti e originali in merito alla ricorrenza nella storia del cinema di un motivo figurativo simbolicamente denso qual è, per l’appunto, quello delle scale.”

La giuria ha inoltre assegnato una Menzione Speciale a:

NEMMENO IL FIUME LO PORTAVA
di Alessandro Filippa (ITIS Leonardo Da Vinci)

Con la seguente motivazione:

“Per il coraggio e la maturità dimostrati nel confronto con una poetica estremamente complessa qual è quella pasoliniana; oltre che per la volontà sistematica di sfruttare al meglio non soltanto le potenzialità visive del videoessay ma anche quelle sonore per la costruzione di un articolato, originale e stratificato discorso audio-visivo. Nemmeno il fiume lo portava appare come un’opera profonda e affascinante, e lo è ancor più se si tiene conto della giovane età del suo autore.”

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PREMIO LINO MICCICHÈ PER LA CRITICA CINEMATOGRAFICA

Verranno premiati stasera i vincitori del Premio Lino Miccichè per la critica cinematografica, concorso organizzato dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani insieme al festival. Il premio è intitolato alla memoria di Lino Miccichè, fondatore della Mostra insieme a Bruno Torri, ed è pensato per avvicinare giovani giornalisti sia al lavoro critico nel campo del cinema, sia alle attività di ricerca portate avanti a livello internazionale dal festival ormai da molti anni.

PREMI SEZIONE A (studenti delle scuole secondarie di secondo grado):
1° Premio - GIULIA GARUFI per The Social Dilemma
2° Premio - GIULIA PISELLI per Tenet 
3° Premio - MARCO RASPANTE per Malcolm & Marie

PREMI SEZIONE B (studenti universitari):
1° Premio - ARIANNA D’ERASMO per Le sorelle Macaluso
2° Premio -  VERONICA ORCIARI per Rifkin's Festival
3° Premio - GIOELE BARSOTTI per I'm Thinking of Ending Things

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LE PRODUTTRICI EUROPEE SI CONFRONTANO SULLA DISPARITÀ DI GENERE

 

Nelle mattinate di giovedì e venerdì si sono svolti al Cinema Astra i due incontri di L’immagine e il suo doppio, in cui si sono incontrate otto produttrici provenienti da Italia, Spagna, Francia e Portogallo, per una sezione a cura di Glenda Balucani e Lucia Pagliardini e moderata da Lucia Milazzotto, direttrice del MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo. Tema dell’incontro è la condizione delle lavoratrici donne nell’industria del cinema in Europa. In collegamento da remoto, hanno presenziato al primo incontro le produttrici Marta Donzelli, Filipa Reis, Valerie Delpierre e Christine Gozlan per parlare di lavoro femminile, discriminazione, valorizzazione, talento e inclusione. La prima a prendere parola è stata Marta Donzelli, direttrice del Centro Sperimentale di Cinematografia. Valorizzare i mestieri per ambo i sessi, agevolando il più possibile la presenza femminile sui set, è una delle missioni della Scuola. Senza troppe remore, si è poi soffermata su quanto sia ìmpari la narrazione divistica tra uomini e donne, soprattutto per quanto riguarda i ruoli più prestigiosi: un’autrice donna deve impiegare maggiori sforzi per raggiungere i medesimi traguardi di un uomo.

Il problema, in Europa, è prima di tutto culturale, ha rimarcato Christine Gozlan. Bisogna «ripartire dall’educazione»; e la Francia sta percorrendo proprio questa strada perchè «il talento non ha sesso». Valerie Delpierre ha invece parlato dell’importanza di conciliare le responsabilità civili globalizzate alle identità locali. Rispettare la propria identità nelle narrazioni senza però rinunciare a racconti storici locali o di epoche che non condividono valori analoghi a quelli attuali. «Il vero potere della cultura è portare progetti a lungo termine che da qui a vent’anni lascino un segno nelle coscienze degli spettatori» ha aggiunto Filipa Reis. L’Autore a cui affidare un progetto deve essere scelto in base alla sua sensibilità su quel determinato tema, piuttosto che per il suo genere o per l’orientamento sessuale.  Si è parlato di come la battaglia per la parità di genere «dovrebbe essere d’interesse per i vertici decisionali della filiera»; gli stessi vertici risentono di una marcata disparità di genere. Da questo punto di vista, la moderatrice ha puntualizzato su come programmi europei come MEDIA abbiano indirizzato le proprie politiche sui temi dell’inclusività, anche se bisognare stare attenti a non creare vere e proprie “quote” all’interno della macchina produttiva che spesso possono portare a prodotti dalla discutibile validità,  Nonostante tutto le produttrici che oggi hanno partecipato si sono dette ottimiste: «In Francia cerchiamo di creare degli “spazi sicuri” per le nostre lavoratrici, soprattutto quelle incinte. Anche tra le maestranze tecniche le donne sono sensibilmente aumentate rispetto a vent’anni fa» ha raccontato Valerie. Tutte però sono d’accordo che «il talento non ha sesso» e il rispetto dovrebbe essere prerogativa in qualsiasi caso.

Al secondo incontro sono invece intervenute da remoto le produttrici Ainhoa Andrakam, Martine de Clermont Tonnere, Isabel Machado e Donatella Palermo sempre con la moderazione di Lucia Milazzotto. de Clermont ha esordito raccontando la sua esperienza personale che l’ha portata a fare questo mestiere senza aver mai subito discriminazioni evidenti per motivi di genere, eccetto per un unico episodio. Come quest’ultima, anche Andrakam nasce come giornalista, la cui missione principale riflette la sua sensibilità: «dare voce alle minoranze». Nella sua poliedrica esperienza nel cinema ha avuto modo di lavorare molto con professioniste donne, ma ha proposto un dato interessante, ovvero che circa «l’80% dei soggetti da produrre provengono da autori uomini» il ché riflette una condizione di insicurezza per le autrici donne che pul portare a opera di qualità inferiore.  

Ha preso poi la parola Machado soffermandosi su temi quali responsabilità, creatività, libertà per le donne nel mondo dell’industria. L’educazione (in senso lato) è stata certamente di fondamentale importanza nella nostra società, ma ciò che serve oggi è un’educazione maschile alla parità. La missione di Donatella Palermo, invece è sempre stata quella di «essere paladina di coloro che non riescono ad emergere». Nella sua lunga esperienza nel settore ha sempre riscontrato enormi disparità di generi, ma nonostante ciò si dichiara fermamente contraria alle “quote” nel mondo nel cinema, perchè anti-meritocratiche.

Lucia Milazzotto ha approfittato per ribadire l’importanza dell’inclusività positiva - quella che, accogliendo determinate categorie, non diventa esclusiva per altre – e ha poi chiesto alle ospiti collegate se per loro «esistono (o potrebbero esistere) delle misure eque a tutela dei lavoratori “tutti”».

Per de Clermont il sistema delle quote non solo non è meritocratico, ma addirittura «umiliante […] è il talento che conta». L’educazione è alla base di ogni società civile che si rispetti e, nonostante vi siano ancora discriminazioni, sono stati fatti enormi passi avanti. Di parere diverso è Andrakam, per la quale «oggi il cinema – più di altri media forse – è ancora profondamente sessista ed esclusivo per determinate categorie (ad es. i disabili)». L’ideale sarebbe creare un sistema di «discriminazione positiva»: ossia, creare condizioni politiche affinché venga valorizzato il lavoro femminile e le quote sono una di queste condizioni. Ha raccontato come in Spagna esistano programmi specifici a tutela di categorie discriminate.

Anche Machado e Palermo si sono dette fortemente contrarie alle quote. La produttrice italiana si è soffermata in particolare sull’importanza della sensibilità, ovvero scegliere un regista in base alla sua sensibilità e al suo talento piuttosto che per il suo genere e ha concluso affermando che «le conquiste civili sono sempre state ottenute con la lotta politica, non con l’esclusione».  Le curatrici della sezione Lucia Pagliardini e Glenda Balucani hanno poi concluso il doppio incontro con quello che potrebbe diventare la frase manifesto delle tematiche trattate in questa due giorni: «Dare parola alle donne invece di parlare al posto loro».

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