Programma
2024

21 Giugno
Venerdì 21-06-2024
ore 15.00
Teatro Sperimentale - Sala Grande

Il mio film

Júlio Bressane

RELAMPAGOS DE CRÍTICAS MURMÚRIOS METAFÍSICOS

Brasile 2024 , 148'

 

Omaggio Júlio Bressane – Fuori Orario
REL MPAGOS DE CRÍTICAS MURMÚRIOS METAFÍSICOS (Brasile, 2024, 148’) di Júlio Bressane


Un montaggio di 48 film brasiliani realizzati tra il 1898 e il 2022. I momenti, i fotogrammi, in cui sentiamo un barlume, un'innovazione, un po’ di sperimentazione e di emozione che ci arrivano in momenti diversi. Un filo sottile che attraversa il cinema fin dalla sua nascita, e anche prima.

   

MILENA GIERKE crediti Martin Schoeller

 

di Roberto Turigliatto

Il saggio dal titolo L’elemento sperimentale nel cinema nazionale (pubblicato da Julio Bressane nel 1990 nella raccolta Alguns) si concludeva con queste due frasi: «Il cinema sperimentale esiste in Brasile dal 1898. Noto che il nostro cinema è sperimentale o non è!». Il testo iniziava infatti affermando che il primo film sperimentale in Brasile è stato quello dei fratelli Segreto, che nel 1898 dal ponte della nave avevano filmato in travelling con una macchina da presa dei Fratelli Lumière l’ingresso nella Baia di Guanabajara. Nel testo venivano poi evocate le riprese del maggiore Tomás Reis che aveva accompagnato nel 1923 la spedizione di Random nell’Alto Xingu filmando la “Visão do Paraîso”, immagini degli indigeni del Brasile mitico, «che hanno lasciato un segno duraturo nella nostra cinematografia», un vero e proprio paradigma. Poi naturalmente Limite, il grande capolavoro di Mário Peixoto (1930), che «è già cinema del cinema, implica la creazione e ricreazione dell’immagine». Il cinema «come organismo intellettuale smisuratamente sensibile, che si muove al confine di tutte le arti, le scienze, la vita...», radicalizzando la formula di Gance: «il cinema è la musica della luce». E negli anni Trenta il mercante siriano Benjamin Abraão aveva filmato nel sertão il brigante Lampião e i suoi uomini, immagini perturbanti, brutaliste, a loro volta paradigmatiche. «Il maggiore Reis e Benjamin Abraão formano l’asse centrale da cui deriva e attraverso cui passa tutto ciò che vale nel nostro cinema».
Tutto questo, e molto altro, lo ritroviamo oggi nel nuovo film di Bressane, un’opera di montaggio realizzata con Rodrigo Lima, che viene presentata in prima mondiale a Pesaro, Relâmpagos de críticas murmúrios metafísicos: un viaggio lungo oltre un secolo, in cui vediamo transitare e assimilare in film brasiliani di tutti i decenni segni e clichés dei formalismi erranti della storia del cinema, da José Medina a Humberto Mauro, da Paulo César Saraceni a Fernando Coni Campos, da Chiaca de Garcia a José Mojica Marins, da Rogério Sganzerla a Bressane medesimo.
Bressane era del resto già tornato più volte in passato a riflettere sul cinema e la sua storia, internazionale e brasiliana, e sui cineasti per lui più essenziali, non solo in numerosi scritti ma anche in diversi film, e proprio l’anno scorso, quasi una premessa a Relâmpagos, ha realizato un breve film di montaggio di 12 minuti che sarà mostrato a Fuori Orario: Ideograma: limite/fada do oriente/agonia/abismu, in cui quattro piani sequenza dei film citati nel titolo sono messi a confronto nella loro ripetizione trasgressiva per riflettere sul movimento «di velamento e disvelamento del cinema nei film». Limite è stato in questo senso il film brasiliano fondatore, pur essendo rimasto a lungo «una cometa invisibile», il film che «distingue e configura per la prima volta il proprio segno cinematografico. Il segno dell’io cinema». A Agonia, dove non a caso risuona la parola di Pessoa, sarà la più straordinaria e geniale opera mai realizzata da un regista come controcanto a partire da un altro film, esattamente Limite, di cui vengono “ricreati” i topos di alcune sequenze.
Bressane ha incontrato il cinema fin dall’adolescenza, quando la madre gli regalò una macchina da presa 16 mm. A Longa Viagem de Ônibus Amarelo, anche questo realizzato insieme a Rodrigo Lima, è un film di oltre sette ore che assimila, rimonta e dirotta brani di 58 titoli della sua stessa filmografia, compresi film familiari, realizzati tra il 1959 e il 2021, l’anno di Capitu e o capitulo. Il film viene presentato a Fuori Orario in prima assoluta per l’Italia, e in qualche modo proprio in connessione con Relâmpagos a Pesaro. Non autobiografia ma Atlante al modo di Aby Warburg, ma anche fantasmagoria della luce, fantasia musicale, come già era stato Rua Aperana 52. Sarebbe infatti impossibile pensare al cinema di Bressane come semplice esperienza “autoriale” senza evocare invece «tutti i nomi della storia» e la persistenza del passato ancestrale delle Americhe. Un cinema, il suo, di segni, miti e forme erranti che ci giungono fin dal mondo classico e nello stesso tempo scaturisce dalla spinta pulsionale di forze aborigene, fatto insieme di antropofagia e aderenza al suolo, erudito e sensuale, filologico e erotico. Nella terra dei suoi film hanno errato via via San Girolamo e Padre Antόnio Vieira, Fernando Pessoa e Friedrich Nietzsche, Mário Reis e Oswald De Andrade, la prosa metaromanzesca di Machado de Assis e la poesia concreta di Haroldo de Campos,...
Julio Bressane torna dunque a Pesaro 66 anni dopo aver presentato nel 1968, ancora sotto l’ombrello del Cinema Novo (oggi sappiamo quanto fosse del tutto provvisorio e imprestato), il suo primo lungometraggio, Cara a cara. Ed ha quasi un valore simbolico questo ritorno nel festival italiano giustamente più legato al Cinema Novo, dopo 56 anni di assenza. La rottura di Bressane col Cinema Novo, a datare dal 1969, lo portò per decenni a errare nell’attraversamento del deserto, da cui in Europa (e segnatamente in Italia) uscì molto gradualmente solo a partire dagli anni Novanta. E torna a Pesaro non solo con Relâmpagos ma anche con la sua opera di finzione più recente, ancora inedita in Italia, Leme do destino, ultima perla della ricca fioritura di opere degli ultimi anni, di cui non si potranno non notare corrispondenze e differenze soprattutto con Filme de Amor e Educaçao sentimental. Ma non solo.
Diciamolo ancora una volta, dei cineasti emersi nella temperie della rivoluzione estetica e formale cinematografica degli anni Sessanta, Bressane è quello che con Godard (e in parte anche Ruiz), sia pure per strade diverse, , compensando la povertà dei mezzi e l’isolamento cui è stato costretto con il genio del tempo e la tenacia della lunga durata, disseminando nel corso degli anni un’opera immensa e ormai ricca di oltre 60 titoli. Con Bressane, maestro e inventore nella citazione e nel montaggio, e inquieto ricercatore quanto gli altri, più ancora che con gli altri si prova il senso dell’infinito, il perdersi nella vertigine, l’uscita permanente da sé nella forza inconscia, aborigena, ancestrale, della creazione del mondo. Godard aveva scritto a 21 anni che «la creazione artistica non fa che ripetere la creazione cosmogonica». La «forza aborigena del cinema», dunque, come forza anonima, inconscia, da cui veniamo trascinati in un movimento senza fine quale il dipanarsi sinuoso e serpentino dei tornanti della rua Aperana. L’eterno ritorno. L’eterna ripetizione. L’eterna Mnemosyne.
Non poteva dunque che essere la Belair, già segnata dal genio nietzscheano, a insediarsi e insidiarsi ancora una volta con forza al centro di Relâmpagos, con la lunga citazione di tutti i suoi sei film, tre di Bressane, tre di Sganzerla, che nel 1970 scatenarono la più aspra reazione del Cinema Novo. Nel 1975, in Viola Chinesa - Meu encontro com o cinema brasileiro, Grande Otelo, rivolgendosi a Bressane, aveva ben recitato: «la Belair è il vento che soffia da una patria cinematografica futura» .
Bressane, scopritore di stelle, è ora al lavoro su due nuovi film: Estrela Enigma e Pitico: Um Historiador de Província.

Parallelamente alla Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro Fuori Orario presenta su RAI3 e su Raiplay, insieme a Limite (1931) di Mário Peixoto, cinque film di Bressane: A Agonia (1976), Rua Aperana 52 (2012), O Garoto (2015), A Longa Viagem de Ônibus Amarelo (2023), Ideograma: limite/fada do oriente/agonia/abismu (2024), questi due ultimi in prima italiana. Dopo la retrospettiva di Torino del 2002, Fuori Orario persegue il progetto di presentare nel corso degli anni tutta la filmografia del regista.

 

Montaggio di 48 film brasiliani tra il 1898 e il 2022
Julio Bressane

I lampi, i fotogrammi, la conchiglia originale del film dove sentiamo apparire una radura nel cinema sempre occulto, un’innovazione, una certa sperimentazione ed emotività che arriva a noi in tempi diversi. Il sottile nascosto che percorre il cinema brasiliano dalla sua nascita fino a oggi ha come segno l’assimilazione delle scoperte. Tutti i formalismi della storia del cinema transitarono per i fotogrammi dei film nazionali. Lumière, Griffith, Eizenštejn, Murnau, l’avanguardia russa ed europea, l’espressionismo tedesco, i “telefoni bianchi”, tutto il dominante cinema industriale americano, il neorealismo italiano, la nouvelle vague... queste tendenze globali, questi mormorii del cinema entrarono in collisione con il cinema brasiliano. Una collisione sperimentale...
Nell’errare del cliché cinematografico da una apparecchiatura culturale e tecnologica a un’altra, il nomadismo inappropriato e imperfetto del cliché lo modifica, lo modifica in parodia, in pastiche, che imprime movimento e scuote il ritmo alla struttura. Nel percorso, nella distanza parodica, il ritmo si altera, la migrazione dei cliché rivoluziona le forme simboliche.
In questo intervallo tra due destini, in questo spazio traduttivo, in questa distorsione, nel caos dei cliché sorge il pathos dell’esperimento.
Sperimentale fuori dal perimetro, sperimentale aberrante, un rispecchiare che, anziché affievolire, rianima certi elementi del cliché citato e lo estrapola fino al sovrannaturale.
Come in una prima volta, meticolosamente raccolto e oltrepassato, il cliché errante si anima e si addentra nell’espressione parafisica dell’anormalità inesprimibile, del reale inaspettato, ripetizione trasformatrice che ravviva nello stesso tempo qualsiasi flora e fauna significante.
Con il pastiche si apprende. Si passa dalla copia all’imitazione, imitazione di un processo della natura. La parodia produce, con la sua forza, una specie di morte simbolica specifica, si conosce ciò che si parodia, ciò che sembra più importante separare. Nella parodia c’è una scelta, una separazione, una critica, un nuovo ritmo.
Una certa cronologia ci fa sentire la forza dell’aderenza al suolo. Nel cinema brasiliano la figura di colui che filma filmando il film, del ritrattista che ritrae il ritrarre, si manifesta fin dagli inizi...
[tradotto dal portoghese da Roberto Turigliatto]

 

Realização
Julio Bressane
Rodrigo Lima
Montagem
Rodrigo Lima
Julio Bressane
Edição de som e mixagem
Damião Lopes
Colaboração na pesquisa
Ruy Gardner
Produção
TB Produções
Coprodução
Cinemateca do Museu de Arte Moderna do Rio de Janeiro – MAM 


TUTTE LE PROIEZIONI SONO GRATUITE