Omaggio a Luis Miñarro
FAMILYSTRIP (Spagna, 2009, 75’) di Luis Miñarro
Alla presenza del regista
La memoria di una generazione che sta sparendo. La Spagna che sta cadendo nell’oblio. Le sedute per la posa di un vero e proprio ritratto di famiglia diventano una cronaca di un pezzo di storia e di esperienza che stiamo per perdere per sempre. Due sopravvissuti alla guerra civile e al dopoguerra (la madre e il padre del regista) raccontano i segreti più nascosti, riguardanti in fondo il loro attaccamento alla vita. Un nuovo scorcio sulla memoria collettiva da un punto di vista molto personale, come María Luz che rivela quanto l’educazione repressiva abbia complicato il rapporto con il proprio corpo, come il repubblicano Francesc sia stato mandato in guerra pochi giorni dopo essersi sposati, e come sia finito in un campo di concentramento franchista nella Spagna settentrionale. Serpeggia la deprimente sensazione che ci siano ancora milioni di storie come questa, saranno mai raccontate?
Luis Miñarro: frammenti sparsi di un itinerario biografico, fra cinema e utopia
Valerio Carando
Cresciuto nella Barcellona degli anni Cinquanta, fra preti e guardias civiles, desideri di santità e timori di dannazione, Luis Miñarro ha sublimato le proprie inquietudini infantili nutrendo un dialogo viscerale con quella straordinaria finestra sull’immaginario che il cinema Venus, situato a pochi passi dalla Sagrada Familia, era solito mettergli a disposizione, puntuale, ogni fine settimana. Nei pomeriggi del dì di festa, i pittorici eccessi del Technicolor spalancavano un varco, una possibile via di fuga, sulla superficie in bianco e nero della vita quotidiana. Ed era un tripudio di cerbiatti disneyani e maschere di cera, equivoci e intrighi, praterie e metropoli, ultracorpi e pin-up. B-movies e guilty pleasures. Sogni (e incubi) di celluloide, delizia degli anni verdi: laddove tutto ebbe inizio.
Negli anni Sessanta e Settanta, il giovane Miñarro è un vorace frequentatore e animatore di cineclub. Si forma alla corte di Miquel Porter Moix (grazie al quale scopre, benché in copie 16mm incomplete e malandate, i capolavori dell’espressionismo tedesco e dell’avanguardia sovietica); nel mentre, prende parte alle attività dell’Istituto Italiano di Cultura e dell’Institut Français, le cui retrospettive cinematografiche si avvalgono di materiali di proiezione che viaggiano in valigia diplomatica e non passano al vaglio della censura franchista. Insieme a Roc Villas fonda il cineclub Ars e collabora alla programmazione del cineclub Mirador, curando rassegne e dibattiti (fra le molte sessioni organizzate per l’Ars, ci limiteremo a segnalarne una consacrata a Nazarín di Buñuel, suggellata da un intervento di Francisco Rabal in persona). Nello stesso periodo, in Francia (Perpignan, Ceret, Amélie-les-Bains…) e ad Andorra, realizza cicli dedicati a film proibiti dalla censura franchista: Makavejev, Szabó, Jancsó, Borowczyk, Pasolini. Intorno alla metà degli anni Settanta inizia a scrivere per il mensile «Dirigido por…», rinnovando antiche predilezioni (è suo, ad esempio, il primo studio critico che la rivista dedica a Douglas Sirk) e alimentando interessi sbocciati sotto il segno di una più matura consapevolezza (il cinema italiano, che si consolida nell’arco del decennio come una delle sue più impetuose passioni).
Dopo anni di intensa attività nel settore della pubblicità, raggiunta una certa stabilità finanziaria, Miñarro si fa portavoce di un progetto militante che lo converte nel giro di pochi anni in uno dei più prestigiosi produttori europei di cinema indipendente. Alcuni titoli fondamentali: Honor de cavalleria (2006) e El cant dels ocells (2008) di Albert Serra; Liverpool (2007) di Lisandro Alonso; En la ciudad de Sylvia (2007) di José Luis Guerín; Singularidades de uma rapariga loura (Singolarità di una ragazza bionda, 2009) e O estranho caso de Angélica (Lo strano caso di Angelica, 2010) di Manoel de Oliveira; Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010) di Apichatpong Weerasethakul, Palma d’Oro a Cannes 2010; Futatsume no mado (Still the Water, 2014) di Naomi Kawase; Gli indesiderati d’Europa (2018), La veduta luminosa (2020) e I morti rimangono con la bocca aperta (2022) di Fabrizio Ferraro.
Per Miñarro fare cinema significa contribuire alla vivificazione di un’idea, rimettendo costantemente in discussione ruoli e competenze. Anche scrivere saggi critici, alimentare il dibattito nel circuito dei cineclub, partecipare al finanziamento, e quindi alla messa in forma, di progetti in cui si crede (ovvero di film in potenza) significa, senza forzatura alcuna, fare cinema. Nutrire e orientare la riflessione vuol dire consumare un gesto consapevole, autoriale: la differenza è principalmente «quantitativa, non qualitativa». Henri Langlois faceva i film con il proiettore, sosteneva Godard: Miñarro, prima di compiere il passo decisivo verso la regia (Familystrip [2009], Blow Horn [2009], Stella cadente [2014], Love me not [2018], Emergency Exit [2024]), ha fatto decine e decine di film con la penna e il proiettore, e successivamente – lungi da noi la benché minima ombra di ironia – anche con il libretto degli assegni (solo in qualità di produttore o co-produttore ha favorito la realizzazione di più di quaranta opere, tutte ugualmente cercate, inseguite, fortemente volute).
La Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro omaggia Luis Miñarro presentando al pubblico italiano quello che è stato, quindici anni orsono, il suo folgorante esordio alla regia, Familystrip. Un film di famiglia, oggetto a priori difficilmente smerciabile, nato sotto gli auspici della più segreta intimità, e tuttavia capace di farsi gesto universale, meditazione senza orpelli sulla caducità di ogni cosa: viaggio virtuale nel Novecento, nell’esperienza che fugge, negli strascichi verbali – eternati dal cinema – di quei padri e quelle madri, di quegli affetti, che stanno soccombendo al logorante incedere del tempo. Il cinema come antidoto volto a scongiurare, ancorché idealmente, lo spettro della morte. Il cinema come antidoto all’oblio.
in collaborazione con l’Instituto Cervantes di Roma” nella sezione dell’omaggio a Luis Miñarro.
With the participation of:
Maria Luz Albero Calvo MOTHER
Francesc Miñarro Bermejo FATHER
Lluis Miñarro SON
Francesc Herrero PAINTER:
Pablo García Pérez de Lara GUEST 1
Verónica Font GUEST 2
Hisako Eguchi GUEST 3
“Sort” THE DOG
Idea and director :Lluís Miñarro
Cinematography: Pablo García Pérez de Lara & Christophe Farnarier
Editing :Sergi Dies & Valentina Mottura
Sound: Verónica Font
Mixtures: Ricard Casals
Post Production : Oscar Peláez
TUTTE LE PROIEZIONI SONO GRATUITE